Lamberto Caffarelli 1880-1963

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Giacomo Balla 1871-1958
Trasformazione forma-spirito 1918


la visione spirituale nell’arte di
Lamberto Caffarelli


di Giuseppe Fagnocchi



La scelta di ricordare, nell’ambito delle celebrazioni per il centenario (1903–2003) dell’intitolazione a Giuseppe Sarti della Scuola Comunale di Musica di Faenza, la figura di Lamberto Caffarelli scaturisce da due principali ordini di motivi:
-          rendere un omaggio particolare a colui che per cinque anni resse la Direzione dell’istituto faentino fino alla sua drammatica soppressione avvenuta nel 1925[I];
-          sottolineare almeno sinteticamente alcuni di quei tratti salienti della sua personalità che lo resero non solo una figura musicale di altissimo livello, anche se purtroppo ingiustamente rimasta isolata in ambito locale, ma in primis un intellettuale fermamente convinto e animato da una autentica e quindi sincera visione spirituale dell’arte con una conseguente alta missione affidata all’artista. Non si può infatti spiegare l’arte di Lamberto Caffarelli – e anzi forse la sua arte non sarebbe mai esistita – prescindendo dall’alto DOVERE spirituale che egli attribuiva all’artista, di accompagnare ciascuna creatura alla profonda ricerca del proprio volto umano.

Ripercorriamo quindi da un lato le fonti di dottrina e di pensiero e dall’altro quelle musicali sulle quali Caffarelli si nutrì costruendo il proprio personale e solido pensiero culminante nella realizzazione di L’arte nel mondo spirituale/Tre saggi come introduzione a una conoscenza cosmico-spirituale dell’Arte[II] ed in una cospicua produzione artistica anch’essa densa di ampie zone di intensa e affascinante originalità, nonché in una immensa mole di altri scritti.

Il milieu culturale di inizio Novecento nel quale il giovane Lamberto Caffarelli (Faenza, 6 agosto 1880 – ivi, 13 marzo 1963) visse e operò, era attraversato da intensi scambi di pensiero e di conoscenze legati non solamente al mondo occidentale ma sovente in stretto contatto ideale con civiltà extraeuropeee come risulta ampiamente testimoniato dalla progressiva e continua formazione del ricco e vario patrimonio librario del Maestro destinato ad ampliarsi, nonostante la sua monastica vita condotta in condizioni di povertà economica pressoché estrema, per tutta la sua vita e ora raccolto e custodito presso la nostra Biblioteca Comunale Manfrediana[III] il quale, di per sé, basterebbe a dimostrare le ampiezze di vedute del Nostro e le sue appassionate riflessioni nelle quali si imbatte ancora oggi lo studioso nello sfogliare quelle pagine piene di annotazioni e di numerosi e sparsi foglietti di appunti lasciati dal Maestro, segno di una sua presenza ancora tangibile e premurosa a fianco di chi vuole tentare di avvicinarsi a quelli che furono i suoi studi e le sue conseguenti personali meditazioni.
Il primo principale punto di contatto di Caffarelli con la cultura del suo tempo va identificato non (sol)tanto nel palpitante e inquieto panorama musicale europeo, ma nella più profonda ricerca spirituale che anche su di esso influì, ed in particolare nella c.d. cristologia filosofica[IV], scaturita su più fronti nel tentativo di individuare sostanziali ma spesso inimmaginabili nessi tra la filosofia occidentale moderna da un lato e la Bibbia dall’altro, che coinvolse molti pensatori del diciannovesimo e del ventesimo secolo tra cui in primo luogo anche autori prediletti e amati da Caffarelli quali Goethe, Novalis e Soloviev.
L’anelito alla conoscenza dell’Essere Caffarelli lo conobbe fin da giovanissimo: grazie presumibilmente alla intensa religiosità della madre il Nostro entrò in seminario (dove rimase dal 1891 al 1896) per poi, dopo esserne uscito, allontanarsi dall’ortodossia del cattolicesimo (anche se non va dimenticato come egli rimanesse comunque legato alla Chiesa faentina sia ufficialmente per il suo incarico di organista della cattedrale che esercitò dal 1900 fino al 1921, sia per i rapporti personali intrattenuti con alcuni esponenti del clero e per il suo essenziale slancio religioso che lo vedeva seguire in Cattedrale con particolare partecipazione estatica – così lo ricordano ancora i presbiteri più anziani – le celebrazioni della settimana santa) coinvolto sempre più dai percorsi offerti dalla teosofia ma soprattutto da una sua particolare e originale corrente, la società antroposofica fondata nel 1913 da Rudolph Steiner (1861 –1925) con sede a Dornach, località svizzera nei pressi di Basilea. Per Steiner l’io è soggetto a reincarnazione e una singolare forma di incarnazione è quella di Cristo[V] il quale, crocifisso, diviene lo spirito della terra e della natura fisica ed eterea degli uomini, apparendo ai suoi discepoli come luce: di qui la centralità della visione cristica, che dominerà appunto il pensiero del Nostro, culminante nel mistero della morte in croce, destinato a trasformarsi “paradossalmente” nell’apertura alla gioia infinita della nuova vita, e che l’uomo è chiamato a ripercorrere e a ricostruire attraverso un continuo processo triadico di evoluzione (sul quale Caffarelli elaborerà diverse sue composizioni articolate appunto in tre movimenti e denominate triodie[VI]) ma nello stesso tempo secondo un disegno incentrato sul principio della ciclicità (rappresentato sia dalla visione circolare della storia cosmica – il moto dei pianeti attorno al sole, il circolo dello zodiaco, il circolo delle quinte in musica[VII] – sia dalla dottrina teosofica della reincarnazione) grazie all’opera di mediazione e illuminazione, dovere e missione “sacerdotale”, dell’artista autentico.
“Mi rappresento la vita di un grande artista come un piccolo sistema planetario… di cui l’artista è il sole”[VIII] afferma Caffarelli nel suo saggio sopramenzionato mentre in un altro luogo non manca di sottolineare la difficoltà quasi impossibile di questa missione: “Tragedia dell’artista: limitare nella forma l’illimitabile”[IX], ossia riuscire a potere esprimere concetti infiniti e meta spazio-temporali (tra cui proprio l’idea di un tempo ciclico, eterno) nel linguaggio finito che si presenta all’uomo nella sua esistenza terrena (legato ad una dimensione temporale lineare-narrativa secondo il principio di causa-effetto che non ammette inversione).
Tale visione cristica costituisce pertanto il vero e proprio Leitmotiv per l’artista Caffarelli il quale non tarderà ancora a proclamare:

Ogni Genio scava nel Cristo.[…]
L’epoca precristiana ebbe i misteri Iranici, Egizi,Greci. Da questi misteri nasceva l’Arte Sacra. Il Mistero moderno è il Mistero del Golgatha. Da esso nasce l’Arte spirituale moderna.[X]

E sempre a proposito degli influssi filosofici e artistici legati all’evento della croce, centrale e decisivo sia nella storia di Cristo sia per l’intero mondo cristiano, vogliamo qui richiamare quanto espresso da uno dei massimi pensatori del Novecento Hans-Georg Gadamer (1900 – 2002) il quale esemplifica la propria riflessione ricorrendo a Novalis di cui Caffarelli, in evidente sintonia di pensiero, musicò sette liriche per canto e pianoforte[XI]:

La pretesa che conferì esclusività al messaggio cristiano fu il suo essere l’unica espressione religiosa che avesse superato realmente la morte annunciando, quale atto di redenzione, la sofferenza e la morte di Cristo al posto degli uomini. Nella prospettiva di questa pretesa esclusiva,la sublime solennità di una fede dei defunti trasfigurata in festa, appare come un unico grande rifiuto della morte. Si pensi a come il Novalis degli Inni alla Notte ne abbia fatto il punto di partenza della sua visione storico-filosofica[XII].

Giova ancora ricordare come il binomio arte-croce trovasse la sua inscindibile sintesi anche in un altro movimento agli inizi del Novecento assai diffuso, ossia il rosacrocianesimo di Joseph Péladan (1859 – 1918) che sintetizziamo qui con il celebre e sintomatico motto Ad Rosam per Crucem, ad Crucem per Rosam, seguito con particolare simpatia e attenzione da Caffarelli il quale così ebbe modo di esprimersi: “Molta luce ebbi da lui [ossia da Peladan] per comprendere l’arte”[XIII].

Ma non furono solo l’antroposofia o il rosacrocianesimo a focalizzare la recherche caffarelliana sulla centralità della figura di Cristo: già il teologo russo Vladimir Soloviev (1853 – 1900) aveva fondato le basi filosofiche del cristianesimo orientale in forma sistematica – ma nello stesso tempo con poetici slanci mistici dedicati in particolare alla Sapienza, incarnatasi dapprima in Sophie e in Sophia, della quale Maria è la realizzazione singola[XIV] – imperniandole sull’incarnazione di Cristo da lui intesa quale tappa conclusiva di una graduale manifestazione di Dio nella storia (teandria); mentre in ambito occidentale occorre menzionare come la grande visione evolutivo-triangolare Materia–Spirito–Cristo, individuata e sostenuta da Caffarelli secondo uno schema costituito alla base dall’antitesi tra materia rappresentata da Arimane e astrazione rappresentata da Lucifero con conseguente risoluzione sintetica di tali due opposti attraverso l’innalzamento al vertice che è Cristo, costituisse anche l’essenza della celebre professione di fede del grande teologo gesuita Pierre Teilhard de Chardin (1881–1955) il quale il 6 agosto 1923 festa della Trasfigurazione di Cristo (…e anche data di compleanno di Caffarelli) non potendo disporre del pane e del vino per celebrare la messa (si trovava infatti impegnato in una spedizione scientifica su un altopiano della Mongolia) si abbandonò ad una preghiera eucaristica “cosmica” poi tradotta nel suo Inno all’universo che celebra Materia e Storia nel loro incessante fremito evolutivo (provando così anche una conciliazione e una dimostrazione di compatibilità tra evoluzionismo e cristianesimo) come componenti di un più elevato sacrifico cosmico:

Credo che l’Universo è un’Evoluzione.

Credo che l’Evoluzione va verso lo Spirito.

Credo che lo Spirito si compie in qualcosa di Personale.
Credo che il Personale supremo è il Cristo universale.[XV]

Ecco quindi brevissimamente esposte alcune linee di quel fervente e poliedrico clima di idee a cui partecipa attivamente Lamberto Caffarelli sia attraverso le sue composizioni musicali (alle quali purtroppo il tempo ristretto del nostro intervento non può concedere il meritato spazio) sia attraverso i suoi scritti letterari, in particolare il più volte ricordato L’arte nel mondo spirituale (pubblicato a Faenza nel 1925) il cui solo titolo già ci rinvia ad un celebre scritto, Lo spirituale nell’arte, di Vassily Kandinsky, risalente al 1912.
Vari sono i luoghi comuni ad entrambi i lavori, anche se non mancano alcuni diversità nel pensiero dei loro autori e l’opera di Caffarelli sebbene posteriore risulta comunque dotata di una propria visibile autonomia nonché di una più articolata ricchezza di pensiero e di anelito alla conoscenza spirituale: Kandinsky infatti, ad esempio, pur apprezzando il movimento teosofico:

Questa società [la Società Teosofica legata alla signora Blavatzky] è composta di logge, che cercano di accostarsi ai problemi dello spirito attraverso la conoscenza interiore. I loro metodi si contrappongono a quelli positivistici, partono da premesse antiche e sono espressi con relativa precisione.
[…]
… questo ampio movimento spirituale è uno stimolo vigoroso, che raggiungerà come un grido di liberazione qualche cuore disperato, avvolto nelle tenebre e nella notte; è l’apparire di una mano che indica la via e offre aiuto[XVI].

si riferisce alla religiosità sempre in termini piuttosto generici senza mai accennare alla figura di Cristo o ad alcuni tratti identificanti elementi della dottrina cristiana quali i concetti di amore, di offerta suprema, di pane vivo, destinati invece a divenire elementi essenziali nel pensiero del Nostro; ma ciò non toglie affatto interesse ad un’analisi comparata dei due testi da cui emergono molteplici luoghi paralleli (sia per i contenuti, sia per le forme verbali scelte) di cui vogliamo qui offrire solo alcuni concisi esempi.

1. ORDINE (evoluzione della storia)
CAFFARELLI
Così [all’artista] dal suo proprio vivere nell’opera gli vien la rivelazione che la forma della vita ascensiva è Ordine: Ordine è l’organismo d’uno sviluppo. Un crescere, un arricchirsi di coscienza.[XVII]
KANDINSKY
La vita spirituale di cui l’arte è una componente fondamentale, è un movimento ascendente e progressivo, tanto complesso quanto chiaro e preciso. È il movimento della conoscenza.[XVIII]

2. ARTISTA SACERDOTE

CAFFARELLI
Mi rappresento la vita di un grande artista come un piccolo sistema planetario … di cui l’artista è il sole.[XIX]
KANDINSKY
Allora però arriva un uomo, che ci assomiglia, ma ha in sé una misteriosa forza “visionaria”. Egli vede e fa vedere.[XX]

3. EVOLUZIONE (triadica)

CAFFARELLI
Da queste [Bellezza e Arte Arimanica, Bellezza e Arte Luciferica] ci si deve come a vertice supremo, elevare all’Arte e Bellezza Cristica.[XXI]
Il Cristo è la chiave dell’universo. […] IL CRISTO E’ LA CHIAVE DELL’ARTE.[XXII]
KANDINSKY
Un grande triangolo … rappresenta in modo schematico, ma preciso, la via spirituale. … Il triangolo si muove lentamente, quasi impercettibilmente, verso l’alto.[XXIII]
L’arte … è una forza che ha un fine, e deve servire allo sviluppo e all’affinamento dell’anima, al movimento del triangolo.[XXIV]

4. PRIMITIVISMI (recupero delle origini – visione fenomenologica)

CAFFARELLI
Onde è cosa piena di significato … vedere che gli artisti di oggi ricercan non solo nelle forme della Bellezza ellenica e romana, ma in quelle dell’Egitto, dell’Assiria e della Caldea e perfino dei negri e dei selvaggi.[XXV]
KANDINSKY
È nata così, per certi aspetti, la nostra simpatia e la nostra capacità di comprensione per i primitivi, che sentiamo così vicini. Come noi, questi artisti puri miravano all’essenziale e rinunciavano ai particolari esteriori.[XXVI]

5. SCHOENBERG

CAFFARELLI
Schoenberg ... offre un ordine di inaudite esperienze musicali. […] Questo linguaggio è geroglifico. … visto dall’esterno può apparir Notte, ma dall’interno è Luce di nuova coscienza.[XXVII]
La musica [dodecamorfa] diventerà mentale. …non sarà più una esteriore costruzione di piacevoli temi, ma intrecci di suoni-forze, rapporti di suoni-forme, ricami di suoni-movimenti-archetipi. Tenderà a crear forme espansive delle quali il nucleo germinale è il suono archetipo.[XXVIII]
KANDINSKY
La totale rinuncia alla bellezza convenzionale, lasciano ancor oggi isolato il compositore viennese Arnold Schoenberg. … la musica di Schoenberg ci conduce in una regione nuova, dove le esperienze musicali non sono acustiche, ma puramente psichiche. Qui comincia la musica del futuro.[XXIX]

A proposito di Schoenberg (di cui parleremo più diffusamente in seguito) va comunque sottolineato come Caffarelli nel 1925 potesse già conoscere l’evoluzione in direzione dodecafonica del Maestro viennese (iniziata nel 1923 con lavori quali Serenade op. 24, il Valzer dai Fünf Klavierstücke op. 23 e il BläserQuintett op. 25), mentre Kandinsky potesse riferirsi solamente alla comunque significativa fase espressionistica con particolare riguardo ai dirompenti Drei Klavierstücke op. 11, che costituirono oltretutto il primo momento di contatto epistolare tra i due artisti, nonché alle tesi esposte da Schoenberg nel suo celebre Manuale di Armonia.

6. UNA RINNOVATA EPOCA DI SPIRITUALITA’

CAFFARELLI
Il mondo artistico attuale, dunque, che l’attività amorosa dell’uomo alzatosi a vita cristica fa sorgere è tal forma di GIOIA, della quale si può dir nota essenziale il cosciente stato di Unità creatrice dell’uomo col Mondo Spirituale.[XXX]
KANDINSKY
Ci stiamo avvicinando sempre più all’epoca della composizione consapevole, razionale. … lo spirito nella pittura [ma più in generale in tutte le espressioni artistiche] ha un rapporto diretto con la costruzione, già avviata, del nuovo regno spirituale. Perché questo spirito è l’anima dell’epoca della grande spiritualità.[XXXI]

Qui la differenza è piuttosto grande in quanto Caffarelli impernia dichiaratamente la propria spiritualità e il dovere dell’artista che ne consegue sulla centralità della figura di Cristo.

Investito della privilegiata missione di traghettare l’umanità dalle tenebre della morte alla luce della gioia rinnovata in Cristo attraverso la croce (“quia per sanctam crucem tuam redimisti mundum”) Caffarelli ripercorre, sempre nel suo saggio L’arte nel mondo spirituale, la storia dell’umanità, concentrandosi non solo sulla sete di conoscenza tipica dell’uomo occidentale, ma anche – come si accennava in apertura – sugli alti valori espressi dalle civiltà orientali, attingendo ancora una volta dalle radici teosofiche che guardavano con predilezione la via della sapienza nella contemplazione indiana implicante la teoria della reincarnazione. A tale scopo è significativo che nella ricca biblioteca musicale di Caffarelli compaia un saggio di E.Clements dal titolo Introduction to the study of Indian music risalente al 1913.
Caffarelli fissa comunque quale punto di partenza (e nello stesso tempo di arrivo) del proprio itinerario quel ricco e poliedrico gesto d’amore di Cristo nell’Ultima Cena, autoreferenziale offerta di se stesso attraverso il pane, spesso scambiato dall’homo aeconomicus esclusivamente quale merce di scambio per il mercante oppure quale cibo per colmare una fame contingente e transeunte, ma non visto quale essenziale nutrimento eterno:

Ma il pensatore vede [in quel pane] … il dono offerto da un’amore che mantiene i mondi alla vita dell’uomo: quel pane è per lui un atto d’amore, un’offerta allungata da un’invisibile mano. Quel pane si stacca sullo sfondo del Mistero cosmico. (…) Il vero nome delle cose lo diranno il poeta, il santo e il sapiente. [XXXII]

Ecco a chiare lettere affermato il dovere dell’artista di condurre l’Uomo alla gioia cristica in quanto per Caffarelli le tre figure del poeta, del santo e del sapiente appartengono ad uno stesso individuo, ossia a quell’homo religiosus il quale “cangia il senso in sentimento, e il sentimento in idea; perciò muove le cose da natura a umanità”. In forza a questo principio l’arte, ovvero la musica in particolare potrà e dovrà tendere a divenire “mentale” mediante una forma essenziale e consapevole che trova un celebre luogo parallelo nelle righe finali del Manuale di Armonia di Arnold Schoenberg dedicate alla Klangfarbenmelodie:

Tutto ciò [la melodia di timbri] può sembrare una fantasia avveniristica, e forse lo è: ma credo fermamente che si realizzerà, che essa è in grado di accrescere enormemente i godimenti dei sensi, della mente e dello spirito offerti dall’arte, che essa ci avvicinerà all’oggetto dei nostri sogni, che amplierà infine i nostri rapporti con ciò che oggi ci appare inanimato. Questo ci sarà possibile, ridando vita con la nostra stessa vita a ciò che ora è per noi momentaneamente morto, perché troppo debole è il vincolo che ad esso ci lega.[XXXIII]

Pertanto i modelli e i riferimenti musicali e letterari di Caffarelli non potranno riferirsi soltanto alle modalità di elaborazione del materiale sonoro, ma in primis all’alto profilo spirituale (che poi è da questo che spesso scaturiscono i grandi universi sonori o letterari) di quei Maestri i quali concepirono l’opera d’arte quale essenziale e mirabile affresco di conoscenza, una visione questa destinata ad essere riconosciuta come autentica e privilegiata in un altro saggio di Hans-Georg Gadamer pubblicato nel 1980 che in alcuni passi (che riportiamo e che sinteticamente ci permettiamo di commentare) sembra quasi voler sintetizzare il pensiero del Nostro (!):

La vera opera d’arte … comporta sempre un qualche elemento di sfida …
[abbiamo già sottolineato come Caffarelli avvertisse la tragedia dell’artista nel rapportare il finito della materia nella dimensione spazio-temporale umana all’infinito].
Non suscita soltanto un sentimento di piacere, ma ci pone nella necessità di indugiare presso di sé e di consentire alla sua provocazione. … è allora che l’uomo diviene cosciente della propria destinazione ‘soprasensibile’. La ‘contemplazione’ alla quale l’immaginazione tenta di elevarsi nell’intuizione dell’opera d’arte non è anch’essa di un’analoga infinita grandezza (e superiore potenza) in quanto ‘inesponibile’ per il concetto … bensì [possibile] nel flusso delle intuizioni interne nelle quali si costruisce per noi la visione del mondo.
[e la musica è il linguaggio più astratto, addirittura può rimanere nel silenzio della contemplazione della partitura o prevederne la logica e cosciente incompiutezza come già era avvenuto in Bach, in Beethoven, e come sarà per il Moses und Aron di Schoenberg].
Pertanto si può dire che, prima ancora di ogni conoscenza scientifico-concettuale, il modo in cui si guarda al mondo e al tutto dell’essere-nel-mondo trova la sua formazione nell’arte.[XXXIV]

Quali poterono essere, dunque, i maestri di (e secondo) Lamberto Caffarelli dai quali egli attinse ispirazione per la propria (lo ripetiamo) originale esperienza artistica mirata a tendere nelle varie tappe evolutive verso la “soluzione” cristica del mistero della vita e dell’universo?

Richard Wagner (1813 – 1883), specialmente per il misticismo presente in Parsifal, opera imperniata sul mistero della morte di Cristo così commentato da Caffarelli: “Così terra e primavera, nell’Incantesimo del Venerdì Santo del Parsifal wagneriano, si mostrano in una rinnovata spirituale naturalità.”[XXXV]

Aleksander Skriabin (1872 – 1915), il cui “Prometeo”, secondo le parole di Leonid Sabaneev apparse nel 1912 sullo storico almanacco Der Blaue Reiter: “è l’idea dell’arte come processo mistico che rende possibile una esperienza estatica dell’essere: l’estasi, la visione dei sommi programmi della Natura”[XXXVI].
Sabaneev delinea l’itinerario skriabiniano come l’evolversi progressivo di questa idea dove l’arte è innanzitutto religione, poi liberazione dello spirito dalle catene, autoaffermazione della personalità, poema dell’estasi che canta la gioia del libero evento, l’estasi creativa, facendo ricorso a tutti i mezzi. “Tutte le arti si sono associate in un tutto armonico e per uno scopo preciso: lo slancio religioso”[XXXVII]
L’accordo cardine del Prometeo va pertanto inteso come un accordo tematico che non ha bisogno di risoluzione: esso è formato dalle note do fa# sib mi, la re avendo quindi a fondamento l’intervallo di quarta eccedente (così come avviene anche in alcuni lavori di Caffarelli quale ad esempio la sezione iniziale della Triodia quarta): tale intervallo, diabolus in musica (forse proprio per una sua pericolosità di pensiero?) per molti secoli, diviene ora il cardine di tanti capolavori proprio per la sua funzione “circolare”, di perno dell’intera ottava, o se si preferisce della serie dei dodici suoni nell’ambito dell’ottava, come avviene nella complessa struttura dodecafonica e circolare del Mosè e Aronne di Schoenberg.
La disposizione dei suoni di un accordo non si relaziona quindi più secondo una “funzione” dell’accordo stesso, ma appunto in base alla particolare “Stimmung” che esso racchiude in sé: è a tale proposito interessante vedere come Caffarelli presenterà suoi due poemi musicali Kisa Gotami (basato sopra una leggenda buddista) e Adonie (sulla bellezza) proprio sullo stile dell’articolo di Sabaneev sopra citato, motivando in due libretti il significato spirituale dei principali procedimenti musicali da lui adottati.[XXXVIII]

Arnold Schoenberg (1874 – 1951)

Un vero e proprio elogio di Arnold Schoenberg e della dodecafonia è dichiarato in L’arte nel mondo spirituale dove la dodecafonia è definita musica mentale, forma sonora come essere vivente, forma quindi espansiva e non ornamentale, a partire dal suono archetipo. È interessante notare come il suono di Schoenberg sia definito da Caffarelli ora come “geroglifico” (si badi bene che il geroglifico va inteso quale una unità significante pre-logica e per questo anche rientrante nella visione dell’arte prima citata da Gadamer e che quindi Caffarelli rende bene in questo modo l’idea della serie musicale dodecafonica, quale Unità in sé già potenzialmente completa a livello di “visione”, ma con possibilità di svilupparsi e di manifestarsi nella “storia” di una composizione) ora come “spirituale esperienza di una trascendente corporeità del suono”: e quanto Caffarelli aveva già sostenuto nel 1925 si avvererà musicalmente qualche anno più tardi, nel 1933, appunto nel Mosè e Aronne in cui, come a Mosè fu negata la terra promessa se non la sua sola visione, altrettanto accade a Schoenberg il quale non potrà (non per motivi di tempo, ma proprio in termini concettuali, quindi di “dovere”) completare l’opera. L’uomo tende sì ad una visione e ad una conoscenza completa, ma la completezza non appartiene all’uomo: ricordiamo, per rimanere nell’ambito culturale di inizio Novecento, come il matematico Kurt Gödel distruggerà anche la completezza del linguaggio dei numeri rappresentato da una summa quali i Principia mathematica di Russell e Whitehead; ma ricordiamo anche come già in passato la musica avesse cercato di divenire (al termine di quella complessa e affascinante ricerca dell’infinito – se non addirittura degli infiniti mondi secondo Giordano Bruno – dell’uomo seicentesco che unisce tra loro cosmologia, filosofia e teologia in scienziati quali Keplero oppure, sebbene con presupposti diversi, Galileo) un sistema completo di conoscenza in lavori quali il Musicalisches Opfer di Johann Sebastian Bach (altro autore prediletto da Caffarelli, e per il quale spesso si discute, a nostro parere inutilmente e a sproposito – così come avviene anche per il Nostro, sull’etichetta religiosa da attribuirgli: “luterano o anche cattolico?”, “religioso convinto o per opportunità?”) o ancora (al termine di quel tentativo di giungere alla contemplazione della gioia, del sole, spesso legato alla massoneria) la Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart e la Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven (Inno alla Gioia: Beethoven - Goethe, altro binomio prediletto dal Nostro: “Beethoven con la Nona Sinfonia –scrive Caffarelli – ha costruito un uomo di suoni. Le forze di lui sono titaniche. L’atmosfera che fluttua fra i suoni di questa trama possente si articola in vive membra musicali. Vi è vivo l’impulso della libertà, l’uomo senza paura. È Sigfrido in membra ancora invisibili, puramente sonore. È l’uomo della lotta e della Gioia, l’individuo libero e liberatore, nelle cui mani balena la spada discriminatrice…”[XXXIX]); ricordiamo infine come tale ansia di elaborazione di un sistema di completezza si fosse manifestata più volte anche in letteratura: bastino qui un esempio tratto dal Novecento con la giornata e la nottata rispettivamente di Ulysses e di Finnegans Wake di Joyce e uno del passato con Dante e la sua Commedia alla quale (manco dirlo) guardò con sommo interesse Caffarelli musicando per trio (violino, violoncello, pianoforte) un Preludio et Postludio al Canto X del Paradiso.[XL]

Perché Caffarelli commentò in musica tale canto? Esso è innanzitutto il canto incentrato sul simbolo della perfezione, ovvero il cerchio, illustrato attraverso un’ampia sezione astronomica iniziale; il cerchio si ripresenta poi come corona che i dodici spiriti beati formano attorno a Beatrice, e il cerchio rappresenta anche una particolare concezione “perpetua” del tempo (espresso in musica dalla ciclicità del canone perpetuo, da una sua particolare emanazione quale il canone cancrizzante oppure dalla spirale di un canone per tonos) mentre il numero dodici richiama la visione astrologica delle dodici case zodiacali e il “corrispondente” musicale dei dodici suoni del circolo delle quinte. Tale concezione “perpetua” del tempo in Caffarelli –come già accennato – è sostenuta anche dal suo credo nella reincarnazione espresso significativamente, oltre che in diversi passi delle sue lettere e taccuini, nel “monumentale” Galeotus, poema scenico per musica in 4 azioni, datato 1913, dove (azione III, scena 8.a) Suor Benedetta (Cassandra) così si rivolge a Galeotus che deve morire:

… Ma dopo saremo assieme così candidamente!
Io tornerò a te col nodo prestabilito,
nella via del divenire
non posso lungi da te errare!
In nuovi corpi risentiremo
Questa dolcezza d’essere insieme.

In secondo luogo questo è il canto dei sapienti, dei filosofi, di coloro quindi che cercarono di comprendere e raggiungere Dio attraverso la conoscenza: tra questi emerge a protagonista San Tommaso d’Aquino, ma egli non è presente come figura isolata bensì come il vertice di un triangolo che ha negli angoli opposti della base da una parte il suo maestro Alberto Magno e dall’altra il suo avversario Sigieri di Brabante. Siamo pertanto in presenza anche della figura triadica, segno sia della Trinità sia del triangolo evolutivo descritto da Caffarelli il cui obiettivo ultimo è il raggiungimento, attraverso Cristo, della gioia.
E il canto X, ricco tra l’altro anche di continui richiami e definizioni musicali, si conclude proprio con un inno alla gioia duratura (offerto dalle armonie delle dodici anime che avevamo visto disporsi a cerchio; un dodici quindi che ci richiama visivamente sia il circolo delle quinte, sia anche l’idea dodecafonica della combinazione di tutti i dodici suoni del sistema temperato) che solo il Paradiso può offrire, terzo elemento di congiunzione con il pensiero del Nostro:

Così vid’io la gloriosa rota
Muoversi e rendere voce in tempra
E in dolcezza ch’esser non pò nota
Se non colà dove gioir s’insempra.


Di Achille Claude Debussy (1862 – 1918) Caffarelli sottolinea, oltre naturalmente la radicalità di rottura con il sistema armonico funzionale di stampo classico-romantico e la conseguente nuova visione sia delle costruzioni armoniche sia della rilevanza assunta dal parametro timbrico, il principio del lavoro continuo (“Lavorare alla punta secca, non stimare mai perfetta abbastanza la propria opera”[XLI]) in riferimento all’accanimento del maestro francese operato su Pelleas et Melisande con l’obiettivo di scavare sempre più in profondità per giungere alla pura essenza con l’eliminazione degli esteriori elementi ornamentali (tale principio era già stato evidenziato da Kandinsky nel suo Spirituale nell’Arte rilevando tuttavia come Debussy, pur tendendo all’interiorità, cedesse a volte alla bellezza convenzionale); ed è significativo come anche il Nostro lavori continuamente e instancabilmente alle sue partiture creando tuttavia numerose difficoltà, per il continuo correggere spesso anche a penna e con cancellature assai vistose, nella decodificazione e conseguente ricostruzione di molte pagine autografe.

Da Debussy a Stéphane Mallarmè (1842 – 1898) il passo, anche per Caffarelli, è breve ed ovvio: sempre ne L’Arte nel mondo spirituale così è celebrata la musicalità del Verbo di Mallarmè:

Questo sforzo europeo di penetrare oltre il velo sensibile delle cose, di rinnovarle trovandone le spirituali origini, ha investito anche il verbo. Mallarmè ha sottoposto il verbo, tanto isolato nella singola parola quanto associato nell’organismo discorsivo, a un’azione della volontà, per formare una nuova corporeità tutta poetica e intuitiva, mediante la quale, cancellate dal verbo le tracce dell’uso economico e comune, passasse questo all’uso poetico, musicalmente e organicamente diventando forma direttamente plasmata dai poteri di una rappresentazione analogica delle cose.
Egli compenetra il verbo di forze di volontà, dalle quali viene portato oltre i sensi economici e intellettuali. Il verbo, per suo mezzo, si dirige verso una musicalità non soltanto sonora e di sensazione, ma tendente a plasmare una forma spirituale. Perciò non descrive le cose, le suggerisce: ne dà un’atmosfera psichica. Gli si fa possibile in certa misura e in certa direzione di superar l’estetismo. La musicalità diventa quasi la materia con cui costruisce un oggetto eterico.[XLII]

La musicalità che rende al Verbo la sua essenza spirituale non può non farci ricordare e sottolineare, tanto per rivolgere ancora una volta lo sguardo ad una visione ciclica e non lineare-narrativa del tempo, il Libro che proprio dalla musicalità della sua lettura acquisiva la propria completezza, ossia la Bibbia e in particolare i testi ebraici dell’Antico Testamento che dovevano essere completati dalla recita vocalica per assumere comprensibilità e giusto significato.
Il Verbo per antonomasia è inoltre Cristo, che si fa materia, cioè si estrinseca dalla propria dimensione spirituale per venire nel mondo: “E il regno perciò viene nel mondo e deve essere di questo mondo sebbene non venga da questo mondo” scrive Caffarelli nei suoi taccuini.
Il Verbo, la Parola si fa assoluto (e Mallarmè riprende questo concetto): la “parola” non è data fuori di sé, non è rappresentazione di “un altro da sé”, ma vive di e per se stessa, è quindi “pane vivo disceso dal cielo”, quel pane che, come già visto, non ha un valore economico, materiale, ma si innalza al vertice del triangolo spirituale, nella sua consapevole e cosciente tensione verso la gioia cristica celebrata nell’itinerarium caffarelliano “come Gioia cosmica vivente”[XLIII]

Infine non possiamo non accennare all’influsso neoclassico sull’arte di Caffarelli, e per questo richiamiamo la figura di Alfredo Casella (1883 – 1947) in particolare per la raccolta di scritti, 21 + 26 pubblicata nel 1931 (e naturalmente posseduta dal Nostro!). Anche Casella non manca di delineare una visione dell’arte vista come “necessità”, giudicando positivamente la politonalità (ossia il “miracolo” compiuto da Debussy nello sfruttare [dietro suggerimento di alcuni russi] le scale greche, orientali, esafoniche e estremo-orientali) che dovrà essere raggiunta anche nella simultaneità (ossia a livello armonico). A tale proposito Casella cita, tra i numerosi esempi, l’accordo sintetico maggiore-minore proposto da Stravinsky nel Sacre du Printemps e da lui stesso in Notte di Maggio (1913) accordo sul quale si concluderà anche lo Scherzo per flauto, clarinetto, tromba, corno e pianoforte di Caffarelli che fra poco ascolterete.
E Casella si indirizzerà anche al mondo dodecamorfo eleggendo l’insieme dei dodici suoni quale musica ideale e facendo largo uso dell’accordo “madre” (che comprende appunto l’insieme dei dodici suoni cromatici) sempre in Notte di maggio (distribuito per quarte giuste).
Egli osserva anche come tali sovrapposizioni siano in analogia con il cubismo che definisce “simultaneità compenetrata di masse, di volumi”. E anche Caffarelli non aveva trascurato già alcuni anni prima di sottolineare l’importanza del cubismo in rapporto con la dodecafonia.[XLIV]
In ultimo anche Casella non manca di concepire e proclamare (in un articolo scritto nel 1929, quattro anni dopo l’opera di Caffarelli) l’arte secondo una visione spirituale:

Il vero dramma dell’arte moderna … consiste nel progressivo distacco dell’artista dall’anima della massa umana. […] E da questo doppio contrasto disposizioni, tra artisti che non vogliono scendere al contatto della collettività, e tra l’atteggiamento pigro e dissidente di questa che non vuole avvicinarsi ad un pensiero che essa considera troppo aristocratico e cerebrale; da questo doloroso stato di cose deriva il maggior pericolo per ogni arte. … Molte, troppe sono le tendenze odierne dello spirito artistico.Troppe sono le lotte estetiche, molti ingegni sciupano il meglio delle loro forze in polemiche. È necessario che l’artista si penetri bene di questa verità: che l’umanità del dopoguerra attende dai responsabili l’avvento di un’arte la quale corrisponda ai bisogni spirituali di quest’epoca. … Se quest’arte ritornerà … allora il Dio risorto presto farà a dimostrare che nessuna teoria prestabilita vale contro un lavoro riuscito ed animato dal divino soffio dello spirito…[XLV]

A conclusione di questo intervento speriamo di aver dimostrato, o almeno suggerito, pur nella nostra umana incompletezza, come l’arte per Caffarelli sia innanzitutto e soprattutto un grande affresco spirituale di fronte al quale non possono più trovare spazio gli interrogativi sulla sua religiosità: il Maestro fu un grande spirito religioso, anzi fu attraverso le proprie opere sacerdote per sé e per gli altri, trascendendo – forse proprio per la sua immensa levatura umana e intellettuale tesa continuamente a voler abbracciare il Tutto – ogni dottrina particolare.
Certo è che egli si congedò dalla sua esistenza terrena baciando il crocifisso e fiducioso nel premio eterno del Paradiso[XLVI] visto da lui come un infinito canto di gioia. E significativamente in un lungo inno alla GIOIA si conclude il terzo e ultimo saggio de L’Arte nel mondo spirituale, una gioia a cui si accompagnano i principi cristiani di fratellanza e di carità, figura di un elevato umanesimo religioso che trascende ogni etichetta proprio nel tentativo più universale di porsi a contatto con Cristo e con il mistero della croce.
Una gioia celebrata attraverso quel “cerchio di fisica coscienza a cui ruota come ad Anello la coeva storia cosmica” (l’idea quindi del Tutto, della Pienezza dell’Essere, della Perfezione) musicalmente espressa dalla spazialità dei movimenti orizzontali e verticali del suono già descritti da Swedenborg e applicati da Schoenberg per descrivere il quadrato magico della dodecafonia come sistema attualmente migliore tra tutti i possibili proprio per la sua visione contemporaneamente circolare, ciclica, perpetua, inversa e retrogradabile rispetto al fluire monodirezionale del tempo, e a croce ponendosi sia sull’asse orizzontale (della melodia e dei contrappunti) sia su quello verticale (delle armonie).
Tutta la vita e tutta l’arte letteraria e musicale di Caffarelli salgono pertanto come una incessante preghiera che deve costituire per tutti noi un edificante esempio di vita, di cultura e di bellezza estetica, e per il credente anche la speranza e la fede che il Maestro Caffarelli possa ora e per sempre contemplare l’illimitata GIOIA DEL PARADISO.

In ultima conclusione la nostra riconoscenza a coloro che, purtroppo non più tra noi, avevano intrapreso, compresa la straordinaria grandezza del Maestro, preziosi studi su di lui: in particolare don Amedeo Casanova, i professori Anselmo Cassani e Giovanni Cattani, e il M° Ino Savini che di Caffarelli diresse e divulgò vari lavori.
Infine la nostra speranza affinché la figura di Lamberto Caffarelli possa al più presto trovare, auspicando in primo luogo il diretto interessamento da parte della Amministrazione Comunale, l’alta rilevanza che merita.

***

Post Scriptum dedicato ai più piccoli.
Dopo tante parole i bambini che questa sera mi hanno sopportato sicuramente ancora si chiederanno: “Chi era Caffarelli?” Pur non avendolo conosciuto personalmente spero di non sbagliare immaginandovelo (specie quando era già un po’ anziano) come un nonno a prima vista severo e burbero e alquanto silenzioso, ma poi in grado di porgere un delicato sorriso e affascinare i più piccoli attraverso fantastici racconti (aveva letto molto e conosceva tante cose) di mondi magici, lontani, irreali narrati con grande fantasia e semmai accompagnati dall’ascolto di alcune melodie e armonie al pianoforte. E poi ve lo voglio lasciare immaginare come uno che dopo avervi raccontato queste belle storie scomparisse all’improvviso lasciando a voi la voglia di poterlo nuovamente incontrare. E questo è in realtà anche l’effetto che ha fatto su di me, adulto!


 
NOTE

[I] In riferimento al R.D. 1054/23 che dava disposizioni in merito all’alleggerimento dell’onere finanziario per gli Enti pubblici la Giunta municipale di Faenza, in data 25 luglio 1925, deliberò – con voto contrario dell’Assessore all’Istruzione – la soppressione della Scuola “Sarti” (il cui ottimale funzionamento avrebbe implicato d’altro lato la necessità di un maggior onere per il Comune) e il conseguente licenziamento degli insegnanti e del Direttore (con una indennità una tantum pari a due mensilità dell’ultimo stipendio fruito).
[II] Il volume (articolato in: Prefazione; Saggio Primo: L’Arte come forza evolutiva del divenire naturale e umano; Saggio Secondo: I tre Impulsi Fontali; Saggio Terzo: L’Arte nelle sue relazioni con le Visioni Primordiali della Vita e coi dogmi Generatori, per complessive 280 pagine) venne edito in Faenza a cura dell’Autore coi tipi dell’Industria Tipografica Antonio Montanari nel 1925.
[III] Cfr., oltre naturalmente ai cataloghi, lo studio di Anselmo Cassani, Il magazzino dell’esoterismo. Una prima ricognizione del fondo Lamberto Caffarelli (in La Biblioteca comunale di Faenza: la fabbrica e i fondi, a cura di Anna Rosa Gentilini, Studio 88, Faenza, 1999) e la breve dispensa offerta dalla Biblioteca Manfrediana in occasione dell’apertura del servizio a prestito dei CD audio (dicembre 2000).
[IV] Per l’approfondimento di tale materia cfr. gli studi di Xavier Tilliette, I filosofi leggono la Bibbia (ed.it. Queriniana, Brescia, 2003) e La Chiesa nella filosofia (Morcelliana, Brescia, 2003).

[V] Incarnandosi in Gesù, Cristo (lo Spirito) si è unito alla materia terrestre, imprimendo una nuova direzione alla storia del mondo e dell’uomo: l’intervento di Cristo, ‘asse dell’evoluzione’, ha reso possibile all’uomo (e, attraverso l’uomo, alla natura tutta) invertire il corso discendente fino allora seguito (l’originaria ‘caduta nella materia’) e spiritualizzarsi. La Terra, non l’al di là, è il luogo della Redenzione, che non significa negazione della materia, della corporeità, ma ‘reintegrazione della materia nello spazio’. Anselmo Cassani, Il magazzino dell’esoterismo. Una prima ricognizione del fondo Lamberto Caffarelli, in op. cit., p. 306.

[VI] Nel profilo di Caffarelli disegnato da don Casanova (Amedeo Casanova, Lamberto Caffarelli/Vita – Catalogo delle opere – Scritti – Bibliografia, Estratto da I Quaderni della Cattedrale di Faenza 1 “Organi Organisti Cantorie”, Lega, Faenza, 1964) sono catalogate le seguenti triodie: Prima Triodia (per quartetto d’archi); Triodia Terza (sempre per quartetto); Triodia Quarta (per grande orchestra e pubblicata anche in una versione per pianoforte solo); Triodia Quinta (per pianoforte, incompleta); Triodia Sesta (per orchestra da camera); Triodia Ottava (per pianoforte, incompleta). Inoltre Casanova ipotizza per altri lavori il loro probabile successivo inserimento in triodie.
[VII] Il circolo delle quinte, ottenuto dalla costruzione di intervalli di quinta attraverso il frazionamento (ideale) del monocordo nel rapporto di 3/2 ripetuto più volte (dal do si genera il sol; dal sol si genera il re, ecc. fino al “ritorno” al do), oltre a costituire il disegno musicale di un cerchio presenta anche analogie con l’astrologia (il circolo delle dodici case zodiacali in corrispondenza con le dodici note) e con l’astronomia in quanto il ritorno al do (tranne quando si ragioni secondo le leggi convenzionali del sistema temperato) non chiude perfettamente il cerchio ma disegna l’inizio di una spirale provocando un “errore” analogo a quello del fenomeno della precessione degli equinozi.
[VIII] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 58.
[IX] Lamberto Caffarelli, in Prose e poesie inedite, a cura di Giovanni Cattani, Lega, Faenza, 1982, p. 45.
[X] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., pp. 262-3.
[XI] Delle sette liriche musicate da Caffarelli su testi di Novalis due (Ti vedo in mille immagini e Già s’alzano, Maria) sono state tratte dai Canti a Maria, e cinque (Chi siede solitario nella tua stanza, Fra mille ore gioconde, Se tutti infedeli divengono, Vi sono tempi così, Se in tristi ore d’angoscia) dai Canti spirituali.
[XII] Hans-Georg Gadamer, Esperienza estetica ed esperienza religiosa, in “Scritti di estetica”, ed. it., Aesthetica, Palermo, 2002, pp. 66-7.
[XIII] Lamberto Caffarelli, Prose e poesie inedite, op. cit., p. 15.
[XIV] cfr. Xavier Tilliette, I filosofi leggono la Bibbia, op. cit., p. 131-3.
[XV] cfr. Gianfranco Ravasi, Breve Storia dell’Anima, Mondatori, Milano, 2003, p. 233.
[XVI] Wassily Kandinsky; Lo spirituale nell’arte, SE, Milano, 1989, pp. 31-2.
[XVII] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 20.
[XVIII] Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, op. cit., pp. 20-1.
[XIX] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 58.
[XX] Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, op. cit., p. 21.
[XXI] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 101. Così Caffarelli delinea i due impulsi fontali posti alla base del suo “triangolo”: Carattere dell’Impulso Arimanico è tendere al basso e fermarvisi, volgere alla caduta e rimanervi; essere la materia e nella materia. (ibidem, p. 97); L’Impulso Luciferico operando nella psiche sottrae l’anima al mondo sensibile e le fa sentire una sua propria regione sopra e oltre il mondo delle cose concrete. L’anima esperimenta di essre un’entità libera ed egoica non chiusa nello spazio. (ibidem, p. 98). Mentre l’impulso cristico, il vertice di questa evoluzione triangolare, è così chiamato “proprio a significare l’Amore Cosmico in quella Coscienza Universale e Solare che è e vive tale Amore nei rapporti con la Terra, e che diventa nell’anima umana volontà di evolvere, volontà di creare armonicamente.” (ibidem, p. 101).
[XXII] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 161; Caffarelli conclude così il suo secondo saggio richiamandoci alla mente anche quanto affermato e da noi segnalato precedentemente da Teilhard de Chardin.
[XXIII] Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, op. cit., p. 23.
[XXIV] Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, op. cit., p. 88.
[XXV] Lamberto Caffarelli, Lo spirituale nell’arte, op. cit., p. 247.
[XXVI] Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, op. cit., p.17.
[XXVII] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 253.
[XXVIII] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 259.
[XXIX] Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, op. cit., p. 35.
[XXX] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 273.
[XXXI] Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, op. cit., p. 93.
[XXXII] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 35.
[XXXIII] Arnold Schoenberg, Manuale di Armonia, ed. it. Il Saggiatore, Milano, 1997, p.529.
[XXXIV] Hans-Georg Gadamer, Intuizione e perspicuità, in op. cit., p. 33.
[XXXV] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 243.
[XXXVI] Leonid Sabaneev, Il “Prometeo” di Skrjabin, in (a cura di) Wassily Kandinsky e Franz Marc, Il Cavaliere azzurro, trad. it., SE, Milano, 1988, p. 99.
[XXXVII] Ibidem.
[XXXVIII] Cfr. Lamberto Caffarelli, Kisa Gotami/Guida del poema musicale, Lega, Faenza, 1930 e Lamberto Caffarelli, Adonie/Testo e guida del poema musicale, Lega, Faenza, 1930
[XXXIX] Fondo Carte Caffarelli della Biblioteca Comunale di Faenza. Cfr. Amedeo Casanova, Lamberto Caffarelli, op. cit., pp. 6-7.
[XL] Naturalmente Caffarelli dedica ampio spazio a Dante anche nel suo saggio L’arte nel mondo spirituale dal quale riportiamo alcune frasi (cfr. pp. 228-9) che riteniamo tra le più significative anche in relazione a quanto esposto nel nostro testo:
Dante è medioevale intellettualmente; intuitivamente sorpassa il suo tempo. Nei suoi tre mondi c’è più che un preludio a una conoscenza dei Tre Impulsi.
                Dante va dall’Inferno al Paradiso come singolo individuo nel quale son già singolarmente attive le Forze Cristiche; non come fedele di una collettività. Da solo contemplando in un Archetipo il mistero dell’umanità del Cristo, preannunzia e previve la forma occidentale di accedere al Mondo Spirituale.
                … Gli eletti lodano Dio, cantano in cori collettivi [come avviene anche al termine del canto X Par.], che con conoscenza profondissima dell’occulto sono presentati in forme di colori e in forme sonore collettive [Caffarelli pare qui riferirsi alla evoluzione della storia musicale verso la dodecafonia esposta nelle pagine precedenti del suo saggio: “In Grecia il suono fu linea (canto monodico). Nell’epoca postcristica dalla vocalità scendendo alla strumentalità arriva alla superficie armonica: dagli accordi elementari del discanto all’accordo integrale dodecagono dei modernissimi atonalisti (o piuttosto supertonalisti), e poi al volume armonico (scorrere degli accordi)” e da Dante già intuita nelle sue possibilità più complesse: ancora una volta si pensi al finale del canto X e all’armonia “dodecamorfa” risultante dal canto dei dodici spiriti sapienti!]; in queste tuttavia conservano una loro figura individuale.
[XLI] Lamberto Caffarelli, Prose e poesie inedite, op. cit., p. 51.
[XLII] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 255.
[XLIII] Tale visione cosmica attraverso la centralità di Cristo sarà ripresa due anni dopo (1927) dall’erede spirituale di Soloviev, Nicolaj Berdjaev il quale auspicherà (nel libretto Un nuovo Medioevo)una chiesa appunto tendente a manifestare la nuova possibilità del “mistero della vita cosmica”: «La Chiesa è cosmica per sua stessa natura e in essa rientra tutta la pienezza dell’essere. La chiesa è il cosmo cristianizzato. Questa deve cessare di essere una verità teorica e astratta, per divenire una verità vivente e pratica». Cfr. Xavier Tilliette, La Chiesa dei filosofi, cit., pp. 201-2.
[XLIV] Lamberto Caffarelli, L’arte nel mondo spirituale, op. cit., p. 250.
[XLV] Alfredo Casella, Tendenzen und Stile in der neuen italienischen Musik, in “Melos”, gennaio 1929, trad. it. in Alfredo Casella, 21 + 26, Olschki, Firenze, 2001, pp. 46-7.
[XLVI] In seguito a una caduta in casa, l’8 marzo 1963 [Caffarelli] viene ricoverato di nuovo all’Ospedale Civile [di Faenza]. … Soffre molto, ma sopporta ogni dolore fisico in silenzio, rassegnato e con forza d’animo ammirevole. La religiosa che l’assiste … gli chiede se voglia confessarsi, ma il Maestro fa cenno di diniego. Cerca di persuaderlo: “ma Lei, tanto buono,perché non vuol confessarsi? Non vuole andare in Paradiso?”. “In Paradiso vado lo stesso”, mormora il Maestro. Quando il cappellano dell’Ospedale gli da la benedizione egli l’accetta con un gran segno di croce e bacia volentieri il Crocefisso.
In Amedeo Casanova, Lamberto Caffarelli, op. cit., p. 19.

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